Da
Domenico Pizzuti, riceviamo il resoconto di un’intervista da lui promossa al Dirigente del Commissariato di Scampia.
Buona lettura!
Un commissario per Scampia. Michele Spina
di Domenico Pizzuti
In seguito all’azione delle forze di polizia “Alto impatto” che nelle ultime settimane abbiamo visto all’opera con successo contro le piazze di spaccio della droga nell’area Nord di Napoli, abbiamo voluto incontrare uno degli attori dell’operazione, il dott. Michele Spina, dirigente dal 1977 del Commissariato P.S. di Scampia. Magro, scattante, con un volto severo ma che tradisce un fondo di umanità, manifesta per esperienza e riflessione una conoscenza non comune delle dinamiche criminali del territorio, e soprattutto di una volontà decisa di contrasto della criminalità organizzata dedita allo spaccio della droga. Per certi aspetti è un personaggio schivo da fiction televisiva. Lo incontriamo al quarto piano del Commissariato di P.S. presso la 8a Municipalità (Piscinola, Marianella, Chiaiano, Scampia).
In risposta alla domanda sulle principali attività dei gruppi della criminalità di Scampia ci tiene a precisare alcuni connotati delle attività della “camorra” sul territorio in cui il reato di spaccio di droga era prevalente e Scampia era nota come il più grande supermercato di spaccio della droga a cielo aperto in Italia. Può affermare con soddisfazione che al presente non è più così, in seguito all’azione continua e decisa delle forze della P. S. e dei Carabinieri, che hanno smantellato le quattro piazze di spaccio della droga (Case dei puffi, via Bakù lotto TATB, Sette Palazzi, Vele). E ci fa presente che il reato di spaccio della droga - secondo definizioni di scuola - è un “reato senza offese”, senza vittime, frutto dell’incontro di domanda ed offerta su un mercato perverso gestito dalla criminalità organizzata. Ma non per questo è meno odioso e da contrastare con tutte le forze. L’altro connotato della presenza della criminalità organizzata a Scampia è l’occupazione prepotente di interi palazzi di edilizia popolare, che esercita una violenza fisica e morale su gli abitanti, e manifesta una prepotenza, protervia, arroganza che caratterizza anche il traffico della droga. Una violenza, uno “stupro” del territorio – egli la definisce - che va contrastato ogni giorno non solo con gli arresti e sequestro di droga ed armi, ma con azioni contro la “simbologia criminale” di possesso del territorio: abbattendo i cancelli, le difese, i recinti, i giardinetti, che è un messaggio “Io so dove tu stai” e abbatto le tue difese. E’ quasi una lotta personale a viso aperto contro i mercanti della droga.
Volevo sentire il suo parere sul significato dell’operazione “Alto Impatto”, il Commissario non ha remore a manifestarmi che i risultati ottenuti sono il frutto di piccoli ma significativi passi degli ultimi anni del Commissariato, non solo con arresti (talora protetti) ma con azioni dal valore simbolico contro le appropriazioni di abitazioni e le difese installate per il traffico della droga. Lo smercio della droga che al Lotto P, per esempio, contava giornalmente circa 200 tossicodipendenti ora sono ridotti a malapena a 20. La faida sanguinosa che è esplosa nelle ultime settimane sarebbe - dalla sua visuale - il frutto della crisi dei gruppi criminali derivante dal successo delle azioni di contrasto, per cui i gruppi emergenti lottano per la conquista della torta come all’interno degli “Scissionisti” da parte dei c.d. “Girati” di Via Vanella Grassi, Secondigliano. Sul significato “politico” di questa operazione non si esprime, facendo presente che dopo l’omicidio Marino in pieno giorno sulla spiaggia di Terraccina il Comitato Provinciale Ordine e sicurezza ha deciso un incremento delle forze dell’ordine impegnate, con l’invio di altri 100 poliziotti e 100 carabinieri per continuare il lavoro di contrasto sia investigativo sia operativo che aveva dato buoni risultati.
A nostro avviso, il rafforzamento delle forze dell’ordine per il compimento di una strategia di contrasto, è un chiaro segnale di volontà delle istituzioni di lotta ai traffici illegali e all’ occupazione del territorio da parte dei gruppi della criminalità organizzata, una sorta di “liberazione” più volte invocata da questo cancro che ripulisce l’immagine di Scampia di fronte agli stereotipi diffusi. Si potrebbe anche sussumere, perché questa lotta senza quartiere non è avvenuta prima. Il risultato complessivo di queste operazioni è che le quattro piazze di spaccio esistenti, con la collaborazione di polizia e carabinieri, sono al presente smantellate, anche se occorre continuare la vigilanza come le nere auto dei carabinieri che vediamo presidiare notte e giorno le entrate delle Case dei puffi.
Un altro domanda ci preme, segnalata in un precedente articolo (“Quando un caffè costa la vita”, 11 settembre 2011). Come i giovani diventano camorristi?. La risposta del Commissario è che non solo incide l’ambiente familiare per cui si trasmette ai discendenti la mentalità e l’attività criminale, il welfare offerto alle famiglie per l’arresto di congiunti, ma anche la diffusione tendenziosa di voci di violenza da parte della polizia sugli arrestati. In questo discorso fa ricorso anche ad “fascinazione malavitosa” sui giovani per la vita spericolata e l’ostentazione di lusso come nell’arresto di un figlio di Lauto con indumenti all’ultima moda.
In conclusione è necessaria l’azione di repressione, ma non è sufficiente perché si richiedono interventi sociali, culturali più profondi che restituiscano una più alta vivibilità ed identità alle popolazioni del quartiere. Buon lavoro Commissario, un professionista e servitore dello Stato, che mi accompagna all’uscita dello spiazzale della Municipalità e si presta a due foto sullo sfondo di un gazzella della PS, ad opera dell’amico prof. Franco Maiello.
Napoli, ottobre 2012